Quando l'agenzia di viaggi mi ha proposto di volare da Hoi An a Saigon, ho pensato più volte se accettare o meno. Insomma ci sarebbero volute un paio d'ore anziché quasi un giorno, che avrei impiegato se avessi scelto di scendere in treno. Ma poi, un pó per il mio poco amore per gli aerei, un pó perché ero curiosa di capire cosa c'era in tutto quel tratto di costa del Vietnam che nessuno visita mai, di cui avevo fatto fatica a trovare informazioni anche sul web durante le mie ricerche prima della partenza, ho deciso di acquistare tre biglietti per le tratte Danan - Dieu Tri - Thap Cham - Saigon.
Tre giorni per percorrere 1000 km a bordo di treni vietnamiti che devo dire a quanto puntualità si sono rivelati una sorpresa poiché dei 5 che ho preso (ho usufruito anche dei notturni LaoCai-Hanoi e Hanoi-Huè) nemmeno uno è partito o arrivato in ritardo. L'agenzia mi chiese una seconda volta se ero convinta della scelta, perché economicamente avrebbe avuto pressoché lo stesso costo e avrei perso tre giorni di visita a Saigon o a Phnom Penh o di relax all' Isola di Koh Rhong, ma si, risposi di si. E devo dire che da quando ho posato gli zaini nella cuccetta del primo treno a quando ho messo piede a Saigon, non me ne sono mai pentita.
Prendere il treno in quelle piccole stazioni piene di chioschetti, attraversando i binari per salire in carrozza, scendere lungo la costa sud-orientale in quelle cabine che sembrano perse nel tempo mentre tutto dondola al ritmo scandito del rumore del passaggio del treno sulle rotaie, guardare fuori dal finestrino e vedere scenari autentici, piccoli villaggi, risaie verdissime con uccelli bianchi che si alzano in volo e contadini con il cappello a cono che seminano o smuovono la terra, l'oceano con le sue sabbie dorate e le barchette colorate al largo per la pesca, è stato uno dei momenti più intensi del viaggio.
Se stai seduto per tante ore e guardi fuori da un finestrino, ti cadono addosso un milione di pensieri: ho ripensato a quando sono partita e a cosa mi sarei aspettata di trovare qui. E decisamente non era quello che ho trovato. Non ho un'idea ben chiara tanto da poterla descrivere, ma so che quello che ho visto e ho provato qui, nella mia prima volta in Asia, non potevo immaginarlo. Non potevo immaginare delle strade come quelle che ho visto, non potevo immaginare di mangiare seduta a piccoli tavolini in strada carne e pesce grigliati sul marciapiede, o zuppe cucinate dentro ad enormi pentoloni in cucine dove é meglio non guardare dentro, non pensavo di imparare a usare le bacchette perché così il cibo ha più sapore, non pensavo che le persone potessero avere sempre il sorriso e che potessero credere così tanto nella buona sorte. Non immaginavo quei mercati, l'insistenza delle signore che urlano per farti entrare nel loro negozio o salire sulla loro barca, che nessuno si ponesse il problema dei topi che passano tra i tavoli dei ristoranti e mai avrei immaginato di comprare qualcosa dentro ad un garage pensando che fosse un bel negozio. Per una volta siamo noi quelli strani, quelli che per strada vengono guardati perché diversi, quelli ridicoli perché non riescono a tirare su il riso con le bacchette, quelli che tutti i bambini, quando passano, salutano con un Hello.
Sui treni ho detto di no ad una signora in pigiama che voleva venderci caffè, frutta e altre cose che aveva preparato a casa, ho regalato biscotti ad un bambino che vendeva biglietti della lotteria, ho comprato una pannocchia dal carrello delle vivande che è stata la peggiore della mia vita, ho respirato il fumo della sigaretta del capotreno nelle carrozze.
Sono scesa a Diêu Trì e ho raggiunto Quy Nonh dove abbiamo chiesto indicazioni per raggiungere quel ristorante di pesce che tutti conoscevano, dove abbiamo cenato seduti su piccole seggiole a piccoli tavolini lungo il marciapiede, con i locali che si abbuffavano di pesce e buttavano i resti sotto i tavoli;
sono scesa a Thap Cham e ho raggiunto Phan Rang dove abbiamo pranzato sul mare, al suono di uno scacciapensieri, dove ho raccolto un corallo rosso sulla spiaggia, e poi abbiamo camminato fino a dove i pescatori portavano in mare le loro barche rotonde e i bambini ci correvano in contro per salutarci.
Abbiamo visitato le torri cham di Po Klong Garai sotto il sole bollente delle nove del mattino e poi abbiamo supplicato il taxista, che non capiva nemmeno una parola di inglese, di portarci in stazione per non perdere il nostro treno per Saigon.
Quindi viaggiate, viaggiate in treno!
Sono passati 20 giorni da quando sono partita e non sono di certo sufficienti per conoscere un Paese, ma forse abbastanza per farsi un'idea. Di questo tempo speso in Vietnam, o forse sarebbe meglio dire investito, porterò con me molti ricordi, che avrò tempo di elaborare durante i prossimi mesi e spero che i giorni che mi rimangono da trascorrere qui siano ricchi di esperienze come quelli passati per poter ritornare a casa con nuove consapevolezze, un pó cambiata, come sempre.