Qualche mese fa, dal 19 al 31 Maggio 2014, il Caffè Letterario Melville di San Nicolò (PC), ha ospitato una mostra di fotografie inedite di Emanuele Ferrari, persona che abbiamo avuto il piacere di conoscere proprio grazie alla fotografia. Abbiamo chiesto a Emanuele di raccontare questa mostra, come è nata e ciò che ha significato per lui. Ecco il testo che ci ha restituito.
Nel Rivedere Te
scatti inediti di Emanuele Ferrari dalla Galleria Ricci Oddi [2003-2006]
a cura di Gabriele Dadati.
testo e fotografie di Emanuele Ferrari
Perchè la Ricci Oddi?
Nel periodo che va dal 2003 al 2006, anche grazie ai rapporti intercorsi con lo scultore piacentino Christian Zucconi, ero particolarmente interessato alla fotografia di sculture.
Questo interesse, però, non era mai per l’opera intesa come soggetto a sé stante, ma sempre per la scultura inserita in un ambiente che, a mio modo di vedere, riusciva ad “animarla”.
La Galleria Ricci Oddi mi era sembrata da subito uno spazio con queste prerogative, un luogo che da solo sapeva raccontare tanto.
Questo non solo per la sua architettura e per il suo sistema di illuminazione naturale, ma, soprattutto, per la sua storia, legata a doppio filo a quella del suo fondatore, Giuseppe Ricci Oddi: un uomo tanto schivo quanto generoso; una figura la cui portata, nella società attuale, purtroppo resta ai più incompresa.
Sulle immagini
Affinché una fotografia sia “interessante“, è necessario che anche il soggetto lo sia; la Galleria lo è stata per me.
Ho ripensato al testo di Gabriele Dadati, il curatore della mostra.
Credo che le foto siano interessanti, anche se non tanto belle per la qualità dell’immagine (specialmente se raffrontate con certe fotografie digitali attuali…). Sono convinto che la loro particolarità derivi, come individuato da Gabriele, dalla capacità di evocare le atmosfere del “sogno novecentesco” che è la Galleria. E di trasmettere, aggiungerei, qualcosa di qualcuno.
Forse lo spirito di Giuseppe Ricci Oddi è nelle foto: pur non comparendo in nessuna immagine, mi sembra sia, paradossalmente, il personaggio più presente.
Se non avessi fotografato Stefano Fugazza, forse, sarebbe stato un po’ lo stesso anche per lui.
Le diapositive
Ho scattato utilizzando due corpi macchina, uno con montato un rullino di DIA a colori e l’altro un rullino di DIA in b/n): giravo per la galleria con due macchine appese al collo, scambiando continuamente tra loro i tre obiettivi utilizzati.
Le diapositive erano state scansionate allora (non troppo bene…) e sono state nuovamente scansionate prima della mostra (con uno scanner migliore, ma con le DIA un po’ rovinate…)
Presentazione
di Gabriele Dadati
Leggendo lo scarno diario che ci ha lasciato Giuseppe Ricci Oddi si scopre facilmente quale fosse la sua indole: quella di un uomo votato alla solitudine, che trova nel muto colloquio con l’arte una forma di appagamento esistenziale e di discesa in se stesso. Ci parla tra le altre cose del silenzio domenicale in cui, cavalcioni a una seggiola, si pone di fronte a una o all’altra delle opere che va collezionando, e qui sta anche a lungo, osservandola nei dettagli che la luce discopre. Fino al passaggio quasi commovente in cui racconta il sogno di una notte: quello di veder sorgere la Galleria che porterà il suo nome simile a una chiesa, con ampie stanze, in modo da trasmettere a ogni visitatore quel senso di dialogo esistenziale con l’arte che lui già vive. Là staranno le sue opere, così come da sempre sono state nella grande casa in cui vive solo.
Partendo da qui si capisce bene come gli scatti di Emanuele Ferrari siano rappresentativi di un sogno novecentesco che ancora oggi è a nostra disposizione. La Galleria, secondo le direttive del suo fondatore così bene accolte dall’architetto Giulio Ulisse Arata, è davvero quello spazio sacrale in cui il tempo scorre con tutt’altra cadenza, e anzi si raddensa, levando il visitatore dalla frenesia del mondo di fuori.
Così si può compiere un rito d’immersione che ci è restituito da questi scatti realizzati in due sessioni, nel 2003 e nel 2006. Le sculture emergono nella loro volumetria, occupando lo spazio come se il nostro occhio dovesse metterle a fuoco; i dipinti sono sentinelle alla parete. Ma più di tutto, davvero, è il tempo il protagonista delle due serie. E questo ci incanta e ci rapisce. Ancora: ci contamina. Perché inevitabilmente rallenteremo il passo, terremo il fiato, diventeremo timorosi. Non vorremo disturbare, vero? Insomma, ci troviamo di fronte a fotografie che modificano la realtà col modificare noi che le guardiamo.
Una sola è la presenza umana a cui è concesso disporre di questo spazio. Si tratta di Stefano Fugazza, l’indimenticato direttore della Galleria, che sia nel 2003 sia nel 2006 concesse a Emanuele Ferrari di fotografare. Con la sua indole benevola, il suo modo di porsi sempre ricettivo e aperto a tutti, ci appare ancora oggi vivo nelle sale del museo. Lo sguardo intelligente e buono, il sorriso spontaneo, la postura protesa in avanti ci confermano nell’intuizione che uno stesso spirito di generosità animava Ricci Oddi e Fugazza. Anzi no, non Fugazza, ma Stefano, come l’ha sempre chiamato l’estensore di questa nota. Come l’ho sempre chiamato io, Gabriele Dadati, che ho avuto il privilegio di essergli amico intimo e collaboratore per meno anni di quelli che entrambi avremmo voluto.
Rivederlo qui mi commuove, credo commuova tutti coloro che l’hanno conosciuto. È bello. È una cosa bella. E poi, se posso, mi viene da sorridere. Perché in fondo alla seconda serie vedo sbucare un ragazzo pieno di energie e con più capelli di quanti non ne abbia ora in testa. Credo di dover ringraziare Emanuele Ferrari. Lo faccio qui, per iscritto. E colgo l’occasione per porgergli anche il ringraziamento di tutti voi che vedete queste immagini. Perché quello che ci sta dando qui non è poco.
Giuseppe Ricci Oddi
vita e nascita della galleria
“[…] Rimanere eroicamente pressoché soli per un quarto di secolo; concepire il disegno e l’indirizzo di una raccolta una, armonica e continua di opere d’arte[…] poi distaccarsi un giorno – per antico disegno – da una tale adunazione di bellezza […] per costituire e donare alla propria città, col proprio tesoro, un pubblico Tempio della Bellezza […] significa aver conseguito l’unica realtà per cui sia dato ben vivere o sia consentito ben morire: – la realtà dell’ideale!”
[Giacomo Lanza , sindaco di Piacenza, in un articolo apparso su “Strenna piacentina” del 1925]
Il collezionista piacentino nasce il 6 ottobre del 1868 e a soli 14 anni perde il padre. Dopo la laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Roma torna a Piacenza per attendere all’amministrazione dei suoi beni e alla conduzione delle aziende di famiglia.
Nel 1897, a 29 anni, ottiene dalla madre la piena disponibilità di tutto un piano del suo grande palazzo di via Poggiali come appartamento personale; quindi compra diversi mobili per arredarlo e anche due quadri per dare “colore” al suo salotto.
Questo è l’inizio, quasi casuale, della collezione di opere d’arte.
Con il passare degli anni, Ricci Oddi diventa un collezionista sempre più competente ed entusiasta, anche grazie ai numerosi consiglieri ed esperti d’arte che si susseguono al suo fianco, come lo scultore Oreste Labò, l’architetto Giulio Ulisse Arata, Carlo Pennaroli e tanti altri.
Egli rivolge alla collezione di opere d’arte tutta la sua attenzione e le sue risorse finanziarie e quando, nel 1924, decide di donare la raccolta alla città, fa costruire a sue spese anche l’edificio destinato a contenerla.
“Premessa la mia ferma intenzione di donare al comune di Piacenza la mia raccolta di quadri contenuta in apposito edificio che io costruirei a mie spese, qualora il comune me ne apprestasse – gratis – l’area sufficiente e conveniente, delego con questo biglietto il sig. Comm. Giulio Arata, architetto, ed il sig. Dott. Torquato Vitali, notaio, ad iniziare per mio conto le eventuali trattative pel raggiungimento dello scopo suddetto”
[Biglietto inviato al sindaco Giacomo Lanza il 6 marzo 1924]
L’inaugurazione ufficiale avviene l’11 ottobre 1931 alla presenza dei Principi del Piemonte Umberto e Maria Josè di Savoia.
Ricci Oddi non è presente: ha lasciato detto che in questo giorno sarebbe stato trattenuto a Milano, ma, in realtà, è chiuso nel suo palazzo, lontano dai convenevoli e dal frastuono “ufficiale”.
Anche dopo l’inaugurazione della galleria Giuseppe Ricci Oddi continua a dedicare tutte le sue energie – e le sue rendite – al nuovo museo.
Il 23 ottobre 1937 Giuseppe Ricci Oddi muore all’improvviso, colto da malore per strada.
Egli, nel suo testamento, lascia alla galleria tutto il denaro liquido, le azioni e persino i gioielli di famiglia, per permettere importanti acquisti che avrebbero integrato la raccolta dopo la sua morte e agevolare la gestione ordinaria della Galleria.
Purtroppo, la svalutazione della lira rese vani i suoi sforzi.
Apparecchiature utilizzate per le riprese:
Corpi macchina:
- Nikon FM3A con pellicola per diapositive AGFA SCALA 200 (200 ISO, bianco e nero)
- Nikon F70 con pellicola per diapositive Kodachrome (100 ISO, a colori)
Obbiettivi:
- Nikon AF NIKKOR, 50 mm, 1:1.4 D
- Sigma ASPHERICAL AL, 28 mm, 1:1.8 D EX DG
Sigma ASPHERICAL AL, 14 mm, 1:2.8 D
Preparazione alla stampa delle scansioni e stampa:
Gabriele Dadati (Piacenza, 1982) ha scritto Sorvegliato dai fantasmi (peQuod, 2006; Barbera, 2008), premio Dante Graziosi e finalista come Libro dell’anno per Fahrenheit di Radio 3 Rai, Il libro nero del mondo (Gaffi, 2009) e Piccolo testamento (Laurana, 2011), presentato al Premio Strega 2012. Il suo ultimo romanzo è Per rivedere te (Barney, 2014).
Stefano Fugazza (Cantone di Agazzano, 1955-Piacenza, 2009) è stato direttore della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi a patire dal 1993 fino alla morte. Tra i suoi libri: Simbolismo (Mondadori, 1991), I pompiers. Il volto accademico del Romanticismo (Ilisso, 1992) e la curatela delle Pagine sull’arte di Gabriele D’Annunzio (Electa, 1986; Abscondita, 2012).
Emanuele Ferrari (Piacenza, 1965) ha partecipato ad alcune mostre collettive, tra cui “Piacenza. Una fotografia contro la discriminazione”(Biblioteca Passerini Landi, 2003), “Taboo&Totem” (Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, 2004). Suoi scatti compaiono in svariati numeri de “La Luna di Traverso”. Al 2006 risale la prima personale: “IN&OUT”,inserita nel programma del festival internazionale “Carovane”. Dopo un periodo di sostanziale inattività, nel 2013 si è avvicinato alla fotografia digitale, secondo gli insegnamenti di Pierre Feniello.